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Il futuro per Olidata
Bias e Allucinazioni

L’AI è davvero imparziale oppure riflette – e a volte amplifica – i limiti del nostro stesso modo di pensare? Nel quotidiano dibattito sull’impatto dell’AI nella vita quotidiana e nel mondo del lavoro, concetti come bias e allucinazioni assumono un ruolo centrale.

Sebbene siano fenomeni diversi per natura, condividono un’origine comune: la struttura statistica e predittiva alla base dei moderni sistemi di intelligenza artificiale.

In questo articolo approfondiamo la natura di questi due fenomeni che riflettono due volti complementari della stessa tecnologia: un’intelligenza artificiale che non sa ma calcola, non comprende ma prevede.

Quando l’AI eredita i nostri pregiudizi

Un bias è un pregiudizio o una distorsione che si inserisce nei modelli di AI attraverso i dati con cui vengono addestrati. L’intelligenza artificiale non inventa, ma apprende dai dati che riceve. Se questi dati sono incompleti, sbilanciati o riflettono pregiudizi storici e culturali, il risultato sarà un modello che replica quegli stessi squilibri.

Pensiamo a un sistema di selezione del personale basato sull’analisi dei CV: se i dati storici mostrano assunzioni prevalentemente maschili, il modello rischia di penalizzare automaticamente le candidate donne.

I bias possono emergere in vari contesti:

  • recruiting, con la discriminazione indiretta di gruppi etnici o di genere;
  • riconoscimento facciale, spesso meno accurato sui volti non caucasici;
  • modelli linguistici, che tendono a perpetuare stereotipi culturali o sessisti.

Come sottolinea anche la Harvard Business Review, un sistema AI è condizionato dalla qualità dei dati su cui si basa. Per questo è fondamentale una progettazione più attenta con dataset inclusivi, audit dei modelli e verifica continua dei risultati, strumenti indispensabili per ridurre l’impatto dei bias e rendere l’AI più equa.

 

👉🏼 Guarda la puntata di “Neanche un Minuto di AI” dedicata ai Bias

 

L’AI che sembra sapere, ma in realtà inventa

Ti è mai capitato di chiedere qualcosa a un assistente virtuale e ricevere una risposta del tutto sbagliata, ma formulata con assoluta sicurezza? Ecco, probabilmente hai assistito a un caso di allucinazione.

Un’allucinazione si verifica quando un modello genera informazioni false, ma espresse in modo credibile. Non lo fa per ingannare: semplicemente, l’AI non sa di sbagliare. Non possiede una conoscenza del mondo reale, ma si limita a predire la sequenza di parole più probabile sulla base dei dati con cui è stata addestrata. È così che può “immaginare” date, citazioni, riferimenti bibliografici, nomi o fatti inesistenti, ma che suonano perfettamente plausibili.

Un modello generativo può, ad esempio, suggerire trattamenti sanitari inventati, confondere sentenze giuridiche o scrivere articoli pieni di dati irreali ma stilisticamente impeccabili. La sicurezza del tono, infatti, è uno degli aspetti più insidiosi delle allucinazioni: il messaggio appare affidabile anche quando è del tutto falso.

Per questo è importante verificare le informazioni generate dall’AI, soprattutto quando si utilizzano in contesti professionali o pubblici.

👉🏼 Guarda la puntata di “Neanche un Minuto di AI” dedicata alle Allucinazioni

 

Due facce della stessa AI

A prima vista, bias e allucinazioni sembrano fenomeni distinti: i primi sono ereditati dai dati, le seconde emergono nel momento in cui l’AI genera contenuti. Eppure, entrambi condividono un elemento fondamentale: derivano dalla natura predittiva dell’intelligenza artificiale.

I modelli generativi non possiedono una reale comprensione del mondo, ma si limitano a calcolare la risposta più probabile, non la più corretta. Se i dati di partenza sono distorti, compaiono i bias; se le informazioni sono incomplete, l’AI riempie i vuoti inventando. In entrambi i casi, l’utente rischia di ricevere risultati errati ma credibili, senza accorgersi del problema.

Il pericolo cresce quando bias e allucinazioni si intrecciano. Un esempio? Un chatbot addestrato su testi parziali potrebbe “immaginare” dati falsi perfettamente coerenti con uno stereotipo e presentarli come veri. Oppure un modello utilizzato in ambito sanitario potrebbe suggerire una cura inesistente, influenzata dai pregiudizi di genere o etnici presenti nei dati.

Ecco perché bias e allucinazioni non vanno considerati come semplici errori, ma come caratteristiche strutturali dell’AI. Solo riconoscendoli possiamo sviluppare sistemi più affidabili e, al tempo stesso, formare utenti più consapevoli.

 

Ridurre bias e allucinazioni: cosa può fare chi sviluppa (e chi usa) l’AI

I limiti dell’intelligenza artificiale non sono inevitabili, ma richiedono attenzione progettuale e pratiche d’uso consapevoli. Affrontare bias e allucinazioni significa agire su più livelli, partendo dalla qualità dei dati fino al modo in cui l’AI viene utilizzata nel mondo reale.

Curare i dataset: più diversità, meno distorsioni

Gran parte dei bias nasce da dati incompleti o squilibrati. Per ridurli è essenziale costruire dataset rappresentativi, che includano prospettive diverse per genere, etnia, cultura e contesto socio-economico. L’inclusività nei dati è il primo passo verso un’AI più equa.

Audit e trasparenza dei modelli

L’AI spiegabile (Explainable AI) permette di comprendere come un modello prende decisioni. Audit tecnici regolari e valutazioni di impatto aiutano a intercettare e correggere distorsioni, garantendo maggiore trasparenza e responsabilità.

Supervisione umana e verifica continua

Nessun modello dovrebbe operare senza controllo umano, soprattutto in contesti critici come sanità, giustizia, finanza o comunicazione pubblica. Verificare le risposte dell’AI non è un optional, ma una condizione necessaria.

Strumenti di fact-checking e filtri anti-allucinazione
Soluzioni tecniche come sistemi di verifica incrociata o fact-checking automatico aiutano a individuare contenuti inventati prima che vengano utilizzati. Anche l’approccio retrieval-augmented generation, che combina i modelli con basi dati affidabili, sta mostrando risultati promettenti.

 

Il ruolo dell’utente: riconoscere i limiti dell’AI

Gli utenti hanno un ruolo cruciale nel prevenire gli effetti di bias e allucinazioni. L’AI non è una fonte di verità assoluta, ma uno strumento da usare con spirito critico e consapevolezza.

Ogni risposta generata va interpretata con attenzione, soprattutto quando serve per decisioni o contenuti pubblici. Verificare le fonti, confrontare le informazioni e riconoscere i segnali di allarme  – come citazioni che non esistono o dati troppo generici – sono pratiche indispensabili.

In Olidata crediamo in un’AI responsabile, verificabile e al servizio delle persone, che sappia unire innovazione tecnologica e consapevolezza umana. Solo così l’AI potrà diventare un alleato affidabile, anche nei contesti più complessi.