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Il futuro per Olidata
Proprietà intellettuale

Quando osserviamo un’immagine generata da un’Intelligenza Artificiale, come Midjourney o DALL·E, ci troviamo di fronte a una questione più complessa di quanto sembri: chi detiene i diritti di proprietà intellettuale su questi contenuti?

La domanda non è solo teorica ma ha implicazioni concrete per aziende, creativi, sviluppatori e professionisti della comunicazione visiva. In un contesto in cui l’AI è sempre più integrata nei flussi produttivi, chiarire chi detiene i diritti d’autore diventa una priorità, tanto sul piano giuridico quanto su quello etico.

Abbiamo esplorato questo tema nell’ultima puntata di Neanche un minuto di AI. In questo articolo ci concentriamo sugli aspetti pratici e normativi legati alla proprietà intellettuale dei contenuti generati dall’AI.

Cos’è la proprietà intellettuale (e perché in ambito AI è un problema)?

La proprietà intellettuale tutela le creazioni della mente umana: opere d’arte, testi, musica, invenzioni. Nel caso delle immagini generate da AI, il nodo principale riguarda il diritto d’autore, che attribuisce all’autore il controllo esclusivo sull’uso e la diffusione dell’opera.

Tuttavia, per la legge, l’autore deve essere una persona fisica. L’intelligenza artificiale, non essendo un soggetto giuridico, non può detenere diritti. Questo genera un vuoto normativo che mette in discussione la titolarità delle opere create dai modelli di Intelligenza Artificiale.

L’AI può essere considerata autrice?

No. Secondo le normative italiane, europee e internazionali, solo un essere umano può essere riconosciuto come autore. Se l’immagine è generata interamente da un’AI, senza intervento creativo umano rilevante, non può quindi essere protetta da copyright.

Questo principio è stato confermato da organismi come la U.S. Copyright Office, che ha rifiutato la registrazione di opere prodotte esclusivamente da Intelligenza Artificiale. In sintesi: senza un autore umano, non può esserci diritto d’autore.

E l’utente che scrive il prompt?

Qui il terreno si fa scivoloso. Scrivere un prompt – cioè l’istruzione che guida l’AI nella generazione dell’immagine – può essere un’azione molto semplice oppure più dettagliata, richiedendo competenze artistiche, semantiche e tecniche.

Alcuni esperti sostengono che, se il contributo dell’utente è sufficientemente creativo e originale, si possa giustificare l’attribuzione dei diritti all’utente. Al momento, però, non esiste un criterio oggettivo.

In Italia, come in altri paesi UE, si tende a valutare caso per caso, cercando il cosiddetto “apporto creativo rilevante”. Se il prompt è banale o automatizzato, generalmente i diritti non vengono riconosciuti all’utente.

L’azienda che sviluppa il modello può rivendicare diritti?

Le aziende che sviluppano modelli di Intelligenza Artificiale possono stabilire, attraverso i termini di servizio, chi può utilizzare le immagini generate e in quali modalità. Si tratta però di licenze contrattuali, non di veri e propri diritti d’autore.

Alcune piattaforme concedono piena libertà d’uso commerciale, mentre altre impongono limitazioni più stringenti. In questo scenario, l’azienda può mantenere un controllo indiretto sulle immagini, pur senza essere legalmente riconosciuta come autrice, un approccio che si basa più sulle logiche di licenza d’uso dei software che sulla classica proprietà intellettuale artistica.

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Il Colosseo di Roma nello stile della Notte stellata di Van Gogh

Quali sono i rischi per le aziende?

Per le imprese che utilizzano l’AI generativa per creare contenuti visivi, i rischi non sono teorici ma concreti:

  • Ambiguità sulla titolarità dei diritti: in assenza di una normativa chiara, è difficile proteggere le proprie creazioni da copie, riutilizzi impropri o dispute legali.
  • Problemi di compliance: i contenuti generati potrebbero basarsi su dataset che includono opere protette da copyright, con il rischio di violazioni nei confronti di autori terzi.
  • Danni reputazionali: la mancanza di trasparenza nell’utilizzo dell’AI può compromettere la fiducia degli utenti e del pubblico.

Per questo è fondamentale definire policy interne chiare, adottare strumenti per la tracciabilità dell’origine delle immagini e formare i team aziendali sui limiti e le potenzialità di queste tecnologie.

 

Un panorama normativo in evoluzione

Nel 2024 il Parlamento Europeo ha approvato l’AI Act, la prima normativa organica sull’Intelligenza Artificiale. Pur non affrontando in modo diretto il tema del diritto d’autore, apre la strada a un possibile inquadramento giuridico dei contenuti generati da AI, promuovendo principi fondamentali come trasparenza, tracciabilità e responsabilità nell’uso dei modelli.

In parallelo, anche l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (WIPO) e le autorità di Stati Uniti, Regno Unito e Giappone stanno lavorando a riforme per adattare il sistema del copyright all’era dell’Intelligenza Artificiale. I nodi da sciogliere sono ancora molti, ma il dibattito è più vivo che mai.

 

Plagio e “influenze stilistiche”: dove passa il confine?

Tra i temi più delicati legati alla proprietà intellettuale c’è quello del plagio. Se un’immagine generata da Intelligenza Artificiale replica lo stile di un autore riconoscibile – come Klimt, Van Gogh o Banksy – si tratta di una semplice ispirazione o di una copia non autorizzata?

Dal punto di vista tecnico, molti modelli AI vengono addestrati su enormi dataset che includono milioni di immagini, alcune delle quali potrebbero essere protette da copyright.

Questo ha già portato a cause legali da parte di artisti, fotografi e illustratori, che accusano le aziende tech di un vero e proprio “saccheggio digitale” delle loro opere. Tuttavia, dimostrare il plagio in sede giudiziaria non è così semplice, proprio perché l’output generato da questi sistemi è il risultato di processi probabilistici e trasformativi, difficili da ricondurre a una copia diretta.

In assenza di norme certe, il futuro della proprietà intellettuale applicata all’AI si giocherà su due fronti principali:

  1. Nuove leggi ad hoc, che riconoscano – o escludano – diritti specifici per i contenuti generati da Intelligenza Artificiale, magari introducendo criteri di “co-creazione” tra uomo e macchina.
  2. Standard etici e contrattuali, promossi da aziende e istituzioni per garantire trasparenza, tutela degli autori e responsabilità nell’utilizzo dell’AI generativa.

In attesa di un quadro giuridico più definito, chi utilizza queste tecnologie – aziende comprese – deve muoversi con consapevolezza, equilibrio e attenzione, per evitare di incorrere in rischi legali, reputazionali o etici.