Nel panorama della cybersicurezza, poche sono le minacce che hanno saputo evolversi in modo tanto rapido e pervasivo quanto il ransomware. Quello che un tempo era un attacco rudimentale mirato a singoli utenti è oggi una delle principali armi della criminalità informatica organizzata, capace di paralizzare intere aziende, bloccare servizi pubblici e causare danni economici significativi.
Comprendere come funziona il ransomware, come si è trasformato e quali strategie possono ridurre il rischio è oggi una competenza indispensabile, non solo per i reparti IT delle grandi aziende, ma per chiunque abbia una quotidianità digitale: in pratica, tutti noi.
Se vi siete persi l’ultima puntata di CyberSnap, la nostra rubrica dedicata alla cybersicurezza, dove parliamo proprio di ransomware e di come un semplice clic possa mettere a rischio i vostri dati, potete recuperarla qui.
Cosa è un ransomware?
Il ransomware è un tipo di malware che, una volta attivato, cripta i dati presenti su un sistema e richiede il pagamento di un riscatto (ransom) per ottenere la chiave di decrittazione.
Negli anni, questa minaccia si è evoluta da semplici allegati sospetti a un vero e proprio modello di business criminale: oggi esistono gruppi organizzati, infrastrutture dedicate e persino servizi ransomware “as-a-service“, venduti ad affiliati pronti a colpire.
Negli ultimi anni, inoltre, le tecniche di estorsione si sono evolute, rendendo gli attacchi ancora più sofisticati ed efficaci:
- Phishing mirato, veicolato tramite email, SMS (smishing) o telefonate (vishing);
- Utilizzo dell’Intelligenza Artificiale per generare messaggi altamente personalizzati e aggirare i filtri di sicurezza tradizionali;
- Doppia estorsione: i dati non vengono solo criptati, ma anche sottratti. Se la vittima rifiuta di pagare, le informazioni vengono pubblicate o vendute;
- Tripla estorsione: oltre al ricatto diretto, gli attaccanti minacciano di coinvolgere clienti, fornitori o dipendenti per aumentare la pressione psicologica e mediatica.
Questo approccio rende il ransomware una minaccia non più invisibile ma pubblica, capace di generare danni operativi e reputazionali, in grado di mettere in ginocchio anche strutture ben organizzate.
I numeri del fenomeno ransomware nel 2024
Nel 2024, il ransomware ha colpito con frequenza crescente infrastrutture pubbliche, aziende di ogni dimensione e utenti privati. A favorire la sua diffusione sono state vulnerabilità irrisolte, comportamenti prevedibili da parte degli utenti e, sempre più spesso, l’impiego di strumenti automatizzati basati sull’AI.
Secondo i dati più recenti di ENISA (Agenzia dell’Unione europea per la cybersicurezza):
- Il ransomware ha rappresentato il 37% degli incidenti gravi segnalati in Europa;
- Il costo medio di un attacco per una PMI si aggira intorno ai 200.000 euro, considerando tempi di inattività, perdita dei dati e interventi tecnici;
- Oltre il 60% delle vittime ha scelto di pagare il riscatto, ma una su quattro non è comunque riuscita a recuperare integralmente i propri dati.
Perché le PMI sono un bersaglio perfetto
Molte piccole e medie imprese si considerano fuori dal radar dei cyber criminali, convinte di non essere obiettivi “interessanti”. Nulla di più lontano dalla realtà.
Le PMI vengono infatti prese di mira sempre più spesso a causa di fattori strutturali:
- Sistemi informatici non sempre aggiornati o adeguatamente protetti.
- Investimenti limitati in soluzioni di cybersicurezza avanzate.
- Scarsa formazione del personale sui rischi legati al phishing o all’ingegneria sociale.
- Assenza di un piano di risposta agli incidenti, con conseguente impreparazione in caso di attacco.
Un attacco ransomware può bloccare la produzione, interrompere i servizi al cliente, esporre dati sensibili e generare violazioni normative (in particolare del GDPR). Ai danni economici si sommano spesso quelli reputazionali, che possono compromettere seriamente la fiducia di clienti e partner.
Difendersi dal ransomware: prevenzione e risposta
La protezione dal ransomware non può più basarsi solo su un semplice backup. Di fronte a minacce sempre più articolate, serve una strategia integrata che unisca prevenzione, monitoraggio e capacità di risposta.
Tutto parte dalla prevenzione. Una rete ben segmentata, ad esempio, può limitare la propagazione del malware e isolare rapidamente i sistemi compromessi. Fondamentale è anche l’impiego di strumenti di monitoraggio continuo per individuare tempestivamente attività sospette.
La manutenzione regolare dei sistemi rappresenta un’ulteriore difesa contro le vulnerabilità. Tuttavia, la tecnologia da sola non basta: il fattore umano è spesso il punto debole sfruttato dai cyber criminali. Diventa così essenziale formare il personale sui rischi legati a phishing e ingegneria sociale, anche attraverso esercitazioni che rafforzano la preparazione dell’organizzazione.
Nonostante le misure adottate, il rischio zero non esiste. In caso di sospetta infezione ransomware, la priorità è scollegare il dispositivo dalla rete per limitarne l’impatto. Il computer va lasciato acceso, ma con tutte le connessioni interrotte, e occorre avvisare subito il team IT o uno specialista.
Pagare il riscatto non è mai una soluzione: non garantisce il recupero dei dati e incoraggia ulteriori attacchi. È invece fondamentale denunciare l’accaduto alle autorità competenti, come la Polizia Postale o il CSIRT nazionale, che possono fornire supporto tecnico e legale nella gestione dell’emergenza.
Il ransomware non è una minaccia nuova, ma continua a evolversi a una velocità sorprendente. Proteggersi non significa solo adottare strumenti tecnologici all’avanguardia, ma anche sviluppare una cultura della sicurezza basata su consapevolezza, preparazione e tempestività d’azione.
In un mondo dove tutto è connesso, la sicurezza digitale non è solo un compito del reparto IT: è una responsabilità condivisa tra aziende, dipendenti e partner.
Olidata, con la sua esperienza in innovazione e sicurezza informatica, è al fianco delle organizzazioni che scelgono di affrontare questa sfida con lungimiranza e strategia.